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Una missione a Bagré in Burkina Faso

Abbiamo intervistato l’ingegnere Cristian Concollato, appena tornato dalla sua missione di breve periodo in Burkina Faso, in qualità di consulente per il progetto “Produzione risicola innovativa e valorizzazione dei prodotti agricoli locali per la sovranità alimentare e lo sviluppo rurale sostenibile nella zona di Bagré”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).

Quali sono le sue impressioni rispetto al settore agricolo in Burkina Faso?

Ebbene, avevo già compiuto diversi sopralluoghi in fase preliminare all’avvio delle attività nell’area di intervento, caratterizzata, come il resto del paese, da distese di terreno disseccato dal sole ed assoluta carenza di coltivazioni se non durante la sola stagione delle piogge e a puri fini di autoconsumo. In effetti, come in tutta la zona saheliana, l’unico tipo di attività agricola è praticata durante la sola stagione delle piogge, indicativamente da maggio-giugno ad agosto-settembre, e a carattere famigliare: ogni nucleo coltiva una certa estensione per quanto lo possano permettere le forze disponibili, essenzialmente a tipiche colture pluviali (miglio, sorgo, mais), quindi, al termine della stagione, stocca il raccolto che deve essere bastevole al sostentamento fino alla stagione delle piogge successiva. Non sussiste coltura estensiva meccanizzata atta a produzione di massa, né coltivazione al di fuori della stagione delle piogge, tantomeno ad ortaggi, se non presso rarissime situazioni localizzate: tutta la richiesta durante la stagione secca, sia dai piccoli consumatori ma ancor più dalle grandi città, deve essere importata, ad esempio dal vicino Ghana. Da tale quadro ne deriva che è sufficiente una scarsa stagione delle piogge per creare i presupposti di una immediata carestia.

Le coltivazioni sono quindi per le necessità di sopravvivenza perché tutto dipende dall’arrivo della pioggia. Come fanno a vivere nelle città dove non è possibile questa coltivazione primordiale?

Ulteriori criticità sono legate ad una problematica di sovranità alimentare e di dumping da parte di prodotti esteri: la prima deriva da una scarsa affinazione delle sementi locali, dovendosi quindi gli agricoltori rifornire di sementi cosiddette “migliorate” essenzialmente di produzione francese o belga, la seconda dalle massicce importazioni di riso, eccedenze dei paesi del sud-est asiatico, a bassissimo prezzo, con la conseguenza di penalizzare o annullare la produzione locale, di maggiore costo di produzione appunto per la difficoltà tecnica ed economica legata all’irrigazione. 

Il progetto di Salute e Sviluppo, che lei ha esaminato, come progredisce in questa situazione così precaria?

In tale quadro si situa il progetto, che prevede la messa a coltura di determinate superfici in 3 Lotti per un’estensione di circa 50 ettari, lungo un canale di irrigazione realizzato dal governo burkinabè con prestiti della Banca Africana, appunto per incentivare la produzione locale su vasta estensione. Dalla missione precedente presso il luogo di intervento, la situazione ora è totalmente evoluta: i terreni sono stati dissodati, è già stata realizzata la produzione durante la precedente stagione delle piogge. Al contempo tuttavia sono stati realizzati due dei tre impianti di sollevamento per irrigazione ad energia fotovoltaica, mentre sono in corso di realizzazione i canali per il trasporto dell’acqua: il risultato più immediato è che sta partendo la piantumazione dei terreni, per le parti irrigate con gli impianti solari, in contro stagione, ossia durante la stagione secca. E’ questa la produzione che, oltre a garantire i maggiori introiti economici alla vendita quando non sussiste sul mercato alcuna altra produzione se non di importazione, contribuisce alla resilienza, ossia alla capacità di resistenza in caso di eventi climatici avversi, permettendo al contempo la vendita del prodotto ad un prezzo concorrenziale grazie al risparmio economico derivante dall’utilizzo di energia solare in luogo dei (costosi) combustibili fossili.

A corollario di questo, si è verificato anche il completamento dei fabbricati a servizio della produzione, ossia il blocco uffici, gli alloggi, e i due magazzini per lo stoccaggio dei prodotti, tra cui quello dotato di camera di conservazione a freddo, mentre la struttura si è dotata anche di una decorticatrice per la lavorazione del riso e quindi la vendita del prodotto semilavorato a maggior valore rispetto al grezzo.

Infine, la Cooperativa di giovani operatori nella progettazione ed installazione di impianti fotovoltaici: si sono tenuti i corsi di formazione da parte dello scrivente, riscontrando, oltre a già presenti capacità tecniche, anche volontà ed impegno nell’approfondire più specifiche tematiche teoriche, sicuramente un passo oltre la realtà locale che vede pressoché alcuna preparazione tecnica da parte di professionisti locali, abituati ad installare impianti più per esperienza che con vera cognizione di causa.

In ogni caso, il progetto è tuttora in evoluzione, ma si sta ora iniziando a vedere presto i frutti dell’impegno profuso durante la prima parte delle attività, e si confida che, per l’attuale gestione delle operazioni, i risultati saranno forse addirittura superiori alle aspettative.

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