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La nostra esperienza straordinaria in Kenya

iamo tornati ormai da un mese dalla nostra prima avventura in Africa ed ancora non siamo in grado di esprimere a parole quello che ha significato per noi questa esperienza. Abbiamo lavorato per 4 settimane presso il Consolata Hospital di Nkubu, Kenya , partecipando al progetto cofinanziato dal Ministero degli Affari Esteri “Lotta all’HIV/AIDS e alle malattie della povertà nel distretto di Sudimenti, Kenya“.

Siamo 3 ragazzi, due ginecologhe ed un fisioterapista, partiti alla volta del Kenya pieni di entusiasmo e di voglia di dare, sicuramente impreparati; essendo la nostra prima esperienza, non sapevamo proprio cosa aspettarci! Una volta arrivati in ospedale ci siamo trovati di fronte una realtà molto diversa da quella immaginata. Il Consolata Hospital di Nkubu è un ospedale che raccoglie un ampio bacino d’utenza, più organizzato di quanto pensassimo, con molto personale sanitario, con ruoli e mansioni ben strutturate. Inutile nascondere che il nostro inserimento in un contesto del genere non è stato privo di difficoltà. Cosa sono venuti a fare questi 3 “wazungo” (bianchi) con tutto questo entusiasmo e questa voglia di lavorare quando noi abbiamo già tutte queste cose da fare?” Questa era la domanda che per diversi giorni abbiamo visto scritta sui loro volti, anche se da subito siamo stati coinvolti nelle attività cliniche nei diversi reparti e nella formazione.

La nostra attività è stata suddivisa in una parte clinica e una parte didattico-teorica. La parte clinica si è sviluppata in attività quotidiane svolte presso il reparto di maternità e fisioterapia, la sala parto e la sala operatoria con la gestione dei casi clinici e delle urgenze. In tale contesto ci siamo confrontati con il personale locale riguardo il management più opportuno da tenere nei diversi casi clinici. Inoltre abbiamo effettuato lezioni teorico-pratiche riguardanti numerosi argomenti: in parte concordati con il personale medico, in parte da noi selezionati per affrontare tematiche risultate carenti nella pratica clinica. La formazione ha coinvolto il personale medico, i clinical officer ed il personale infermieristico, oltre agli studenti della scuola di infermieri presente all’interno del Consolata Hospital di Nkubu, per un totale di circa 60 persone! Con il passare del tempo abbiamo notato che quella domanda perennemente scritta sui loro volti ha fatto posto ad un crescente interesse associato ad una voglia di confronto sempre maggiore. Il cambiamento può essere derivato dal fatto che, con il passare del tempo, i nostri suggerimenti sono risultati utili nella risoluzione di diversi casi, oppure perché il nostro entusiasmo non si è mai ridotto, anzi, a prescindere dagli orari lavorativi, continuavamo a sgattaiolare in sala parto e in quel nido pieno di “cioccolatini” da spupazzare, in assoluto il nostro rifugio preferito! Inoltre ricorderemo sempre con affetto il cesareo di mezzanotte del 15 agosto (altro che fuochi d’artificio e bagno al mare)! Solitamente, quando si torna da un viaggio, si ricordano i luoghi visitati, le persone incontrate e gli aneddoti divertenti ed i bei ricordi. Quello che invece continuiamo a ricordare è la fatica che abbiamo fatto nel fare incontrare due culture molto diverse tra loro e l’impegno profuso per instaurare dei rapporti basati sulla fiducia reciproca, ma tutto questo è superato dal vivido ricordo della gioia provata quando finalmente questa fiducia è stata conquistata!

Ebbene si….la terra rossa africana è entrata nel nostro cuore…. è stato un lavoro lento e costante dall’interno che “pole pole” (piano piano) si è fatto strada e ha cambiato il nostro modo di percepire il mondo. Ti spinge a rimettere in gioco le tue sicurezze e le priorità. Ti spinge a chiederti quale sia il tuo posto nel mondo, quindi: ”ASSANTE” (grazie) a tutti i bambini nei sacchi, alle midwife che incitavano “ sukuma” (spingi), ad Umberto che ci ha tenuto per mano nei nostri primi passi sulla terra rossa, a Tata che ci ha preparato tutte le radici dell’Africa, al “I’m so excited” della nostra amica Kathleen, ai nostri compagni del Lancey, a Father Silas, ai bambini della scuola di Father B (“moskito moskito”), al “kata-kata” di Nicoleta, ai gesti di riconoscenza inaspettati di un Driver scorbutico, alle gemelle polpettine, a tutti i pazienti del surgical word che hanno trovato un po’ di sollievo dal loro “uchungo” (dolore) ed a tutte le persone che abbiamo incontrato, anche se per un attimo, lungo il nostro cammino, avendo ognuno di loro contribuito a rendere la nostra esperienza quella che è stata!!

Ilenia, Federica e Tiziano

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