Un miracolo africano
Quella mattina, esattamente 365 giorni fa, raggiungo per la colazione i miei colleghi ed il team di medici e volontari che prestano il loro servizio a sostegno del St. Camillus Hospital a Karungu, in Kenya. Non vedo Sara, medico volontario, che spesso aspettavo per prendere il caffè prima di iniziare la giornata.
Si era svegliata presto perché durante il cuore della notte una donna, giunta in ospedale, lamentava forti dolori all’addome. Malata di HIV come molti a Karungu. Era incinta e non lo sapeva. Viene operata d’urgenza e nasce la piccola Sarah. Un piccolissimo corpo nato a sole 28 settimane, quando un bambino è decisamente troppo piccolo per abbandonare l’accogliente ventre materno. Se in Italia sopravvivere con un peso corporeo di 1.150 grammi non è più considerato così difficile, lo è tutt’ora nei villaggi africani, dove i neonati non possono di certo contare sulle cure di una terapia intensiva ma soltanto sulle proprie forze e sull’aiuto di coloro che, in ospedale, impegnano se stessi ad assisterli con le risorse disponibili.
Dopo tre giorni in incubatrice, nelle stupore dell’intero ospedale, in seguito a numerosi tentativi, la piccola si è finalmente attaccata al seno materno.
Questo miracolo è l’inizio di una storia a lieto fine perché oggi la piccola Sarah sta bene e cresce giorno dopo giorno.