Si è appena concluso il progetto “Potenziamento dei servizi sanitari offerti per l’ospedale Giovanni Paolo II di Bossemptélé” in Repubblica Centrafricana.
L’iniziativa, finanziata dalla Fondation Assistance Internationale (FAI), rappresenta il naturale proseguimento di un piano di sviluppo più ampio avviato nel 2010 da Salute e Sviluppo, in partenariato con la delegazione dei padri Camilliani di Bossemptélé, in cui la Fondation Assistance Internationale ha avuto un ruolo prioritario e fondamentale come maggior donor, avendo permesso, nel corso degli anni, la costruzione e l’avvio di servizi importantissimi per la salute della popolazione locale.
L’ospedale di Bossemptélé in questi ultimi anni è stata una realtà in progressiva espansione. Gli aiuti della Fondation Assistance Internationale hanno assunto un ruolo propulsore all’interno di tale processo di crescita, permettendo il potenziamento della struttura in termini di servizi erogati e capacità di rispondere ai bisogni di un territorio estremamente povero e vulnerabile da un punto di vista sanitario.
L’iniziativa “Potenziamento dei servizi sanitari nell’ospedale Giovanni Paolo II di Bossemptélé, Repubblica Centrafricana” ha migliorato la gestione ospedaliera attraverso la costruzione e riorganizzazione dell’amministrazione e dei servizi di accettazione e, parallelamente la costruzione di ambulatori dentistici e oculistici comprensivi di reparto day hospital, tutti servizi di cui l’ospedale era sprovvisto nonostante le frequenti richieste di assistenza e cura per patologie odontostomatologiche e oculistiche.
Rispetto ai risultati progettuali si è:
Rispetto alle attività progettuali:
GALLERIA FOTOGRAFICA
Abbiamo intervistato l’ingegnere Cristian Concollato, appena tornato dalla sua missione di breve periodo in Burkina Faso, in qualità di consulente per il progetto “Produzione risicola innovativa e valorizzazione dei prodotti agricoli locali per la sovranità alimentare e lo sviluppo rurale sostenibile nella zona di Bagré”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).
Quali sono le sue impressioni rispetto al settore agricolo in Burkina Faso?
Ebbene, avevo già compiuto diversi sopralluoghi in fase preliminare all’avvio delle attività nell’area di intervento, caratterizzata, come il resto del paese, da distese di terreno disseccato dal sole ed assoluta carenza di coltivazioni se non durante la sola stagione delle piogge e a puri fini di autoconsumo. In effetti, come in tutta la zona saheliana, l’unico tipo di attività agricola è praticata durante la sola stagione delle piogge, indicativamente da maggio-giugno ad agosto-settembre, e a carattere famigliare: ogni nucleo coltiva una certa estensione per quanto lo possano permettere le forze disponibili, essenzialmente a tipiche colture pluviali (miglio, sorgo, mais), quindi, al termine della stagione, stocca il raccolto che deve essere bastevole al sostentamento fino alla stagione delle piogge successiva. Non sussiste coltura estensiva meccanizzata atta a produzione di massa, né coltivazione al di fuori della stagione delle piogge, tantomeno ad ortaggi, se non presso rarissime situazioni localizzate: tutta la richiesta durante la stagione secca, sia dai piccoli consumatori ma ancor più dalle grandi città, deve essere importata, ad esempio dal vicino Ghana. Da tale quadro ne deriva che è sufficiente una scarsa stagione delle piogge per creare i presupposti di una immediata carestia.
Le coltivazioni sono quindi per le necessità di sopravvivenza perché tutto dipende dall’arrivo della pioggia. Come fanno a vivere nelle città dove non è possibile questa coltivazione primordiale?
Ulteriori criticità sono legate ad una problematica di sovranità alimentare e di dumping da parte di prodotti esteri: la prima deriva da una scarsa affinazione delle sementi locali, dovendosi quindi gli agricoltori rifornire di sementi cosiddette “migliorate” essenzialmente di produzione francese o belga, la seconda dalle massicce importazioni di riso, eccedenze dei paesi del sud-est asiatico, a bassissimo prezzo, con la conseguenza di penalizzare o annullare la produzione locale, di maggiore costo di produzione appunto per la difficoltà tecnica ed economica legata all’irrigazione.
Il progetto di Salute e Sviluppo, che lei ha esaminato, come progredisce in questa situazione così precaria?
In tale quadro si situa il progetto, che prevede la messa a coltura di determinate superfici in 3 Lotti per un’estensione di circa 50 ettari, lungo un canale di irrigazione realizzato dal governo burkinabè con prestiti della Banca Africana, appunto per incentivare la produzione locale su vasta estensione. Dalla missione precedente presso il luogo di intervento, la situazione ora è totalmente evoluta: i terreni sono stati dissodati, è già stata realizzata la produzione durante la precedente stagione delle piogge. Al contempo tuttavia sono stati realizzati due dei tre impianti di sollevamento per irrigazione ad energia fotovoltaica, mentre sono in corso di realizzazione i canali per il trasporto dell’acqua: il risultato più immediato è che sta partendo la piantumazione dei terreni, per le parti irrigate con gli impianti solari, in contro stagione, ossia durante la stagione secca. E’ questa la produzione che, oltre a garantire i maggiori introiti economici alla vendita quando non sussiste sul mercato alcuna altra produzione se non di importazione, contribuisce alla resilienza, ossia alla capacità di resistenza in caso di eventi climatici avversi, permettendo al contempo la vendita del prodotto ad un prezzo concorrenziale grazie al risparmio economico derivante dall’utilizzo di energia solare in luogo dei (costosi) combustibili fossili.
A corollario di questo, si è verificato anche il completamento dei fabbricati a servizio della produzione, ossia il blocco uffici, gli alloggi, e i due magazzini per lo stoccaggio dei prodotti, tra cui quello dotato di camera di conservazione a freddo, mentre la struttura si è dotata anche di una decorticatrice per la lavorazione del riso e quindi la vendita del prodotto semilavorato a maggior valore rispetto al grezzo.
Infine, la Cooperativa di giovani operatori nella progettazione ed installazione di impianti fotovoltaici: si sono tenuti i corsi di formazione da parte dello scrivente, riscontrando, oltre a già presenti capacità tecniche, anche volontà ed impegno nell’approfondire più specifiche tematiche teoriche, sicuramente un passo oltre la realtà locale che vede pressoché alcuna preparazione tecnica da parte di professionisti locali, abituati ad installare impianti più per esperienza che con vera cognizione di causa.
In ogni caso, il progetto è tuttora in evoluzione, ma si sta ora iniziando a vedere presto i frutti dell’impegno profuso durante la prima parte delle attività, e si confida che, per l’attuale gestione delle operazioni, i risultati saranno forse addirittura superiori alle aspettative.
Si è appena conclusa l’iniziativa “Progetto imprenditoriale femminile per l’impacchettamento e la vendita di acqua a Bagré’” cofinanziata dalla Fondazione Prima Spes Onlus.
Durante la prima fase di implementazione, le attività progettuali si sono focalizzate sulla costruzione degli uffici operativi della micro-impresa e sull’acquisto delle attrezzature per il trattamento dell’acqua. La società burkinabé WANGRAWA AMED AND SON COMPANY si è occupata dell’installazione delle macchine per l’impacchettamento di acqua potabile, che viene immagazzinata in sacchetti 100% biodegradabili per evitare l’impatto ambientale causato dalle bottiglie di plastica, il cui riciclo è ancora difficoltoso in Burkina Faso.
In seguito alla messa in opera dell’impianto e alla verifica del suo funzionamento, sono state svolte le attività di formazione per il corretto utilizzo e gestione dei macchinari, che hanno coinvolto le donne che gestiscono la micro-impresa.
È stata inoltre realizzata una campagna di sensibilizzazione, coinvolgendo la radio locale “Bagre pole Fm Radio”, per educare le comunità locali appartenenti alla diocesi di Tenkodogo sull’importanza dell’acqua potabile, sui rischi derivanti dal suo scarso consumo e sulle patologie derivanti da fonti di acqua inquinata. La campagna si è svolta nei punti strategici di aggregazione del territorio, coinvolgendo anche le scuole e i villaggi limitrofi.
Tale progetto ha avuto un impatto positivo per l’intera comunità locale, non solo da un punto di vista sanitario assicurando l’acqua potabile, ma permettendo allo stesso tempo di promuovere l’inclusione socio-economica e lavorativa delle donne.
In termini numerici, i risultati raggiunti si traducono in: 2 edifici realizzati, 3 macchinari installati per l’impacchettamento dell’acqua, 1000 sacchetti di acqua prodotti al giorno, 10 donne selezionate e formate, 1 comitato di gestione costituito, 1 micro-impresa avviata, 8 villaggi, 9 parrocchie e 12 scuole servite da acqua potabile e circa 3.000 persone sensibilizzate sulle tematiche chiave del progetto.
Salute e Sviluppo vi augura un Sereno Natale e un Felice Anno Nuovo
Continuando a promuovere una “Produzione risicola innovativa e valorizzazione dei prodotti agricoli locali per la sovranità alimentare e lo sviluppo rurale sostenibile nella zona di Bagré, Provincia di Boulgou, Burkina Faso“, siamo giunti alla fase di raccolta del riso!
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Con la Cooperazione Italiana in Burkina Faso per promuovere un’agricoltura moderna sostenibile
La ONG Salute e Sviluppo, nella realizzazione del progetto “Risposta ai bisogni neonatali nell’area di Bossemptélé, Repubblica Centrafricana”, aveva previsto le seguenti attività: la costruzione e l’arredamento del reparto di neonatologia nell’Ospedale Giovanni Paolo II di Bossemptélé, e corsi di formazione per preparare il personale a questa particolare attività assistenziale. Dal 6 al 20 luglio la Dottoressa Mariella Fresu, responsabile dell’amministrazione e progettazione di SES, il Dottor Franco Garofalo, Primario della neonatologia dell’Ospedale di Rivoli, e il sottoscritto hanno effettuato missioni in loco per ispezionare lo stato di avanzamento del progetto.
La situazione del paese, dal punto di vista sicurezza, non è proprio tranquilla, ma bisognava andare. Partiti dalla capitale, Bangui, dopo un viaggio di oltre cinque ore tra campagne e foreste, interrotte da qualche capanna isolata o da un piccolo gruppo che forma un villaggio, siamo arrivati a Bossemptélé. L’ospedale è la grande realtà, in una città di capanne, che accoglie malati e parenti dei malati che si accampano sotto i portici dell’ospedale e sotto gli alberi. Bambini, colorati dalla polvere rossa del terreno, che si stringono agli adulti in un unico gruppo, per la notte, in cerca di calore.
Abbiamo potuto constatare la costruzione della Neonatologia, ultimata in tutte le sue parti. Le tinte sui muri sono colori tenui, luminosi e accoglienti. Tutti i locali hanno i muri piastrellati fino all’altezza di un metro e ottanta per favorire l’igiene; gli ambienti destinati all’accoglienza dei bambini sono particolarmente ampi e luminosi. La maggior parte delle attrezzature sono già state collocate al loro posto e sono servite per il corso di formazione. Gli impianti sono finiti al 95%. Nel giro di 15 giorni saranno ultimati completamente.
Il giorno dopo l’arrivo di buon mattino, alle sette, è iniziata l’attività didattica quotidiana. Tutti i giorni, tutto il personale si riunisce nel salone delle conferenze, un infermiere espone le problematiche dei malati del proprio reparto durante la notte e le terapie somministrate. Il medico approfondisce, spiega, corregge e amplia la conoscenza della patologia che viene presentata e le cure adeguate al caso. Finita questa prima parte, comincia la lezione del neonatologo, Dr. Garofalo. Il suo compito è quello di iniziare l’impostazione delle attività del nuovo reparto, spiegare le principali casistiche che si dovranno affrontare, l’uso dei nuovi strumenti, la loro funzione per la salute dei neonati. La prima parte consiste in lezioni teoriche, la seconda parte è pratica e tutti sono molto interessati e sorpresi di fronte ai nuovi macchinari. Il Dr Garofalo spiega come si accoglie il bambino in neonatologia, se ha bisogno di cure intensive o di semplice ricovero nel nido; cosa si fa all’ingresso e quali sono i parametri da controllare; come si sistemano i neonati e come si usano i macchinari; come si fa la rianimazione del bambino e quando occorre chiamare subito il medico.
La costruzione del reparto è stata finanziata dall’AICS, Agenzia Italiana per la Cooperazione allo sviluppo. All’acquisto delle attrezzature ha concorso generosamente la Chiesi Foundation, che è particolarmente sensibile alla salute dei bambini, in particolare alla neonatologia. Vogliamo ringraziare la Chiesi Foundation per tutti gli aiuti che ha ci ha dato in diverse circostanze e in particolare per la collaborazione all’acquisto delle attrezzature della Neonatologia dell’Ospedale G. Paolo II di Bossemptélé – Repubblica Centrafricana, un paese martoriato dalla povertà e da tre anni di guerra civile, che continua con improvvise fiammate e il pericolo sembra non finire mai. Il paese precipita all’ultimo posto nella scala del benessere, mentre la popolazione soffre e muore nel silenzio generale.
Roma 30.08.2018
p. Efisio Locci